«Il percorso che ha intrapreso anni orsono l’IISS “S. Cosmai” di avviare nella sede carceraria di Trani una sezione dell’indirizzo “Manutenzione e Assistenza Tecnica” non è andato esente da difficoltà. Solo la tenacia, però, ancora ci consente di consegnare al territorio, a Questo Territorio, una certezza. E una speranza».
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E' quanto si legge in una nota diffusa dallo stesso istituto scolastico che ha sedi a Bisceglie e Trani.
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«La speranza – prosegue la nota – che la funzione emendativa della pena trovi nella formazione professionale motore essenziale del processo di risocializzazione; la speranza che la Scuola e le Istituzioni si facciano carico della responsabilità di contribuire alla crescita di una società migliore; la speranza che l’istruzione e la formazione professionale consentano a pietre di scarto di pensare a un futuro. Saranno questi i pilastri su cui si costruirà un progetto didattico completo, basato sugli insegnamenti curriculari al mattino e che vedrà impegnati al pomeriggio gli studenti nella realizzazione del Programma Operativo Nazionale “Gemme di Vita”, finanziato dai Fondi Strutturali Europei e con Fondi Europei di Sviluppo Regionale, destinati a creare opportunità di reinserimento nel circuito lavorativo in agricoltura di detenuti al termine della detenzione.
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L’ambizioso disegno è stato possibile grazie alla determinazione del collegio docenti che lo ha fortemente voluto, ai Dirigenti della Scuola e della Casa circondariale di Trani, rispettivamente prof. Vito AMATULLI e dott. Giuseppe ALTOMARE, che hanno scelto di investire le loro energie superando ogni vincolo burocratico e ciò hanno voluto fare in maniera scomoda e ad ogni costo, ai docenti della sezione carceraria che, superando gli stretti confini della loro abituale funzione, si mettono quotidianamente in gioco per imparare ad insegnare fuori gli schemi. E grazie alla popolazione detenuta che unanimemente ha fatto sentire quanto importante sia la Scuola nel Carcere.
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Riparte così la classe prima sezione P, con 25 alunni che hanno manifestato la voglia di imparare. Perché possa diffondersi l’idea che neanche un cancello di ferro possa limitare diritti fondamentali e a fermare la crescita culturale e professionale di un individuo, pur se detenuto».
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