Cultura

Premiato il libro-verità di Eniola Odutuga grazie a una docente biscegliese

La Redazione
Premiato il libro-verità di Eniola Odutuga
"Tempesta dentro" rappresenta il riscatto morale della donna nigeriana
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Riceviamo e volentieri pubblichiamo:

«Il riscatto morale di Eniola Odutuga, vincitrice del concorso letterario nazionale in lingua madre.

La cerimonia di premiazione del concorso letterario nazionale Lingua Madre giunta alla 14° edizione, che sin dal 2005 si rivolge alle donne straniere, ideato dalla giornalista Daniela Finocchi, è avvenuta il 13 maggio 2019 nella cornice del Salone Internazionale del Libro di Torino, suo emerito sostenitore da sempre. Pregiatissimi i prodotti letterari registrati da questo concorso nazionale, progetto della Regione Piemonte e del Salone Internazionale del Libro di Torino,sotto l’egida de lcentro per il libro e la cultura, Ministeri dei Beni e delle Attività Culturali e del Turismo, Rappresentanza in Italia della Commissione Europea, Pubblicità Progressoe We Women for expo.

Fulcro del concorso “testimoniare la ricchezza, la tensione conoscitiva ed espressiva delle donne straniere, utilizzando la nuova lingua d’arrivo (cioè l’italiano), abbinando una sezione speciale, dedicata alle donne italiane che vogliono farsi tramite di queste culture diverse”. In veste di amiche italiane e nonché di docenti, la biscegliese Grazia Maria Porcelli e la molfettese Maddalena Gadaleta, hanno fornito il loro supporto nella stesura dell’opera che ha permesso alla signora Eniola Odutuga,nigeriana, residente già da qualche anno nella Città di Barletta, di ritirare il primo premio pari alla somma di 1.000 euro con “Tempesta dentro di me”.

La vincitrice parteciperà di diritto in giuria per la prossima edizione del 2019 e alla pubblicazione nell’autunno del 2019 di un libro intitolato “Lingua Madre 2019” insieme ad altre storie selezionate. La motivazione elaborata dalla giuria è la seguente : «Colpiscono la crudezza nel linguaggio, il coraggio nell’azione, la forza nel vivere e la speranza nel credere, riportate sulla pagina in modo soave e naturale, con fanciullesca semplicità. Un racconto di formazione in stile picaresco: le fughe, gli spostamenti, i rapporti con il mondo femminile, che non sempre appare migliore di quello maschile; la durezza della vita, il non arrendersi mai, l’incalzare di un nomadismo di esistenza che pare non trovare requie, se non nell’espressione del desiderio di una vita dignitosa, che alla fine si ricomponga con i propri figli in un paese che non si è scelto ma che è diventato in qualche modo casa. La scrittura incalzante, la tenuta stilistica, la dinamica delle azioni ben congegnata ne fanno una lettura appassionante».

Eniola Odutuga, ha raccontato la sua brutta storia nella sua lingua d’adozione, fugge dalla Nigeria nel 2013: “L’uomo prodigo, buono e generoso si trasformò nell’esatto contrario, violenze e offese iniziarono ad abbattersi ogni giorno sulla mia già magmatica esistenza. Resistetti due anni. Poi decisi di infliggere a mio figlio la stessa triste sorte che era toccata a me all’età di due anni. Un giorno lo portai da mia madre, finsi di dover uscire d’urgenza per una commissione e non tornai più».La donna continua a sognare il ricongiungimento con quel figlio che porta nel cuore, a causa della sua fuga che dalla Nigeria alla Libia epoi nel 2016, in Italia dove nasce il suo secondogenito. La sua toccante testimonianza ritrae in pellicole indelebili di quella tempesta dentro, fatta di continue violenze psicologiche,che innescano in lei la forza di reagire e liberarsi da quelle catene peril suo dirittoalla rinascita di una nuova vita, vissuta con rispetto e dignità. L’incipit del suo racconto recita: “La mia è una brutta storia. Mi chiamo Eniola. Sono nata il tredici settembre millenovecentonovantadue a Ljebu Ode in Nigeria. Non avevo ancora due anni quel maledetto giorno in cui invano ho cercato la mia mamma, i contorni del suo volto, il suo profumo, il calore della sua voce. Non c’era più. Dissolta come bolla di sapone. Non avevo potuto seguirne la danza e intuirne la direzione. Non so perché mamma avesse deciso di allontanarsi dalla famiglia. Certamente non era felice con mio padre, che beveva come una spugna. Sono rimasta con mio padre, insieme a mia sorella e a mio fratello. Volevo bene a mio padre”.

La civiltà di un popolo comincia dal modo con cui tratta i propri ospiti, poiché il ricordo delle persone incontrate resta nel cuore di chi arriva nel nostro Paese, Eniolaha ripreso il colore della sua libertà, a dipingere su tela le ali di una farfalla che sparge scintille di vita con le vele spiegate fra le onde quieti dopo la tempesta».

Violetta Giacomino

lunedì 3 Giugno 2019

(modifica il 29 Luglio 2022, 3:34)

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