Cronaca

​LE STORIE E LE PAROLE​. Quando la parola perde l’innocenza

La Redazione
Il prof. Giulio Di Luzio
Secondo appuntamento con la rubrica domenicale a cura del Prof. Giulio Di Luzio
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Secondo appuntamento con la rubrica domenicale a cura del Prof. Giulio Di Luzio sull'integrazione di stranieri nel nostro territorio. Racconti di storie di vita vissuta tra le nostre strade, nelle nostre case. Un segno tangibile, senza inutile retorica, del cambiamento dei tempi che dovrebbe portare anche ad un cambiamento degli uomini. E' bene precisare che questa collaborazione è a titolo completamente gratuito, a testimonianza della passione del prof. Di Luzio per questi temi così delicati e importanti.

Sembrerebbe una ovvietà ribadire che raccontiamo le storie degli immigrati con le parole, quel linguaggio convenzionale e abituale, che utilizziamo durante la giornata. Ma sono poi così neutrali e innocenti queste espressioni? Raccontano con obiettività i fatti, che vedono protagonisti i migranti che giungono da noi o viceversa contengono giudizi precostituiti o addirittura verdetti inappellabili?

Gianni Rodari diceva che “una pietra lanciata in uno stagno suscita onde concentriche, che si allargano alla sua superficie, coinvolgendo la canna, la barchetta di carta e il galleggiante del pescatore … Così una parola pronunciata coinvolge immagini, ricordi e significati, in un movimento che interessa l’esperienza, la memoria e l’inconscio…”. Quante volte con la parola clandestino o extracomunitario abbiamo preteso di rappresentare la vita di un migrante, senza conoscerne nulla? Le espressioni contengono in sé uno scenario di paura, di condanna, di vite condotte nel buio e nella illegalità. Eppure siamo sprovvisti di qualsiasi informazione: cosa ci autorizza dunque a questa condanna preventiva?

Dai media mutuiamo un lessico spregevole, che rimbalza dai quotidiani ai telegiornali senza alcuna forma di controllo e poi approda comodamente nel nostro vocabolario quotidiano. Senza neanche accorgercene, rimpolpiamo ogni giorno un sistema di rappresentazione grammaticale contiguo alla discriminazione. E’ una gestazione lenta e pervasiva, capace di sgravare un linguaggio onnipotente, che si impone in ogni famiglia, magari rassicurati dalle dichiarazioni di opinion-maker o editorialisti di stampa e piccolo schermo, che perseverano con un linguaggio livido. La chiave allarmistica ed emergenziale diviene arbitrariamente la lettura di un fenomeno di proporzioni planetarie, che si spinge fin nei tuguri freddi e umidi del nostro centro storico o nei ruderi periferici delle nostre campagne.

Allarme, arginare, assediare, baraccopoli sono alcune delle parole schiacciate sulle corde dell’ordine pubblico, che usiamo disinvoltamente, quando descriviamo le sagome filiformi, che approdano sulle rive adriatiche. Esse fanno parte, attraverso una mia rigorosa ricerca condotta su titolazioni di prima pagina o di apertura dei Tg, di un vero e proprio vocabolario della paura, che caratterizza un mio riuscito saggio sociologico: Clandestini – Ediesse editore 2013 (Menzione Speciale 2014 Premio Internazionale sulle Migrazioni a cura del Consorzio Italiano di Solidarietà di Trieste). Quando parliamo delle vite degli altri, andiamoci piano e con molta cautela. Come ci ricordava una scrittrice: le parole e le uova devono essere maneggiate con cura. Una volta rotte, sono impossibili da aggiustare! Buona domenica.

SCHEDA BIO-BIBLIOGRAFICA
Giulio Di Luzio. Attivista antimilitarista e obiettore di coscienza, dagli anni Novanta inizia a scrivere su "Bergamo-Oggi" durante una supplenza scolastica al nord. Ha lavorato per "il manifesto" e  "Liberazione". Ha collaborato ad Antenna Sud e alle edizioni pugliesi de "Il Corriere del Mezzogiorno" e "la Repubblica".  Ha già pubblicato sette saggi e cinque romanzi, che l’hanno portato alle trasmissioni Rai: "Chi l’ha visto?", "Rai News 24", "Radio 3 Farheneit", "Racconti di vita".
– I fantasmi dell’Enichem (Baldini Castoldi Dalai -2003)
– A un passo dal sogno (Besa – 2006)
– Il disubbidiente (Mursia – 2008)
– Brutti, sporchi e cattivi (Ediesse – 2011)
– Clandestini – (Ediesse – 2013)
– Non si fitta agli extracomunitari (Editori Internazionali Riuniti – 2014)
– La fabbrica della felicità (Stampa Alternativa – 2016)
– Fimmene (Besa – 2017)
– Tuccata (Besa – 2018)
– La libertà negata (Promosaik – 2021) Tradotto in tedesco e francese
– Apartheid all'italiana (Promosaik – 2021) Tradotto in tedesco.
– La nobile gioventù (Promosaik – 2021).
Attualmente si occupa di politica internazionale in alcuni Gruppi politici della Federazione Russa.

       

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domenica 27 Febbraio 2022

(modifica il 27 Luglio 2022, 15:55)

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Mansur Cristian Farano
Mansur Cristian Farano
2 anni fa

La terminologia usata spesso per trattare il tema migranti, spesso è stata piegata alle esigenze di rappresentanza di queste persone, come una sorta di ” piaga ” che ci tocca per forza di cose, e dunque ” ondata di sbarchi” ” clandestini ” o ” islamici ” al posto di musulmani etc ,ergo qualcuno si sente autorizzato a giudicare vite,storie e esistenze ,lo abbiamo visto in certi commenti pure qui in pezzi recenti….

Mansur Cristian Farano
Mansur Cristian Farano
2 anni fa

Ah aggiungici il volgarissimo sostantivo ” buonismo e buonisti ” Che ugualmente abbiamo visto impiegare e che immagino a breve torneremo purtroppo a leggere qui ,da parte di un solito personaggio…bravo Giulio ,il ruolo delle parole è fondamentale, il che non significa edulcorare le situazioni , ma non affrontare un tema così delicato e sensibile, con un linguaggio mortificante,e chi vuole intendere intenda ,anche se spero che il soggetto in questione, sta volta eviti ,se non ha nulla di utile da proporre